La batteria si scarica inspiegabilmente nonostante le utenze siano tutte staccate tramite i loro interruttori ? Oppure abbiamo rilevato delle corrosioni sull’asse dell’elica e questo ci fa pensare a delle correnti vaganti generate dall’impianto mal isolato ? Andiamo a vedere come individuare un’eventuale dispersione di corrente del nostro impianto a bordo.
Una breve introduzione
Per far scorrere la corrente il circuito elettrico dev’essere per forza chiuso. Si parte da un polo della batteria e si termina sull’altro. Prendiamo ad esempio il circuito di alimentazione dell’autoradio: se partiamo dal polo positivo della batteria e seguiamo il cavo d’alimentazione rosso molto probabilmente andremo sull’interruttore presente nel pannello della barca, da lì si andrà ad un fusibile per poi arrivare sul polo positivo dell’autoradio. Proseguiremo dal polo negativo dell’autoradio con un cavo nero per terminare infine sul polo negativo della batteria. Lo schema sarà uguale per ogni utenza, come per esempio le luci interne o le luci di via della nostra barca.
Ci sono altri due aspetti da tenere in conto:
- il motore della barca, la chiglia e altre parti metalliche sono generalmente messi a massa, collegati al polo negativo della batteria.
- L’acqua salata ha una buona conduttività elettrica
Attenzione: le indicazioni riportate in questo articolo sono di tipo generico e informativo. Ogni impianto può avere le sue caratteristiche particolari. Un esempio sono le barche che sottostanno alle norme ABYC americane, le quali devono avere il bonding mentre in Europa non è obbligatorio.
Come individuare la dispersione di corrente
Vediamo come individuare la dispersione di corrente con il multimetro, uno strumento che dovrebbe sempre trovarsi a bordo di un’imbarcazione. Scollegare il cavo nero dal polo negativo della batteria e inserire il multimetro tra il cavo del negativo e il polo negativo della batteria.
Inizialmente impostare il multimetro su A e non su mA, perché se ci sono correnti maggiori potrebbero far saltare il fusibile interno o danneggiare l’apparecchio.
A questo punto accertarsi che tutte le utenze siano disinserite tramite i rispettivi interruttori e verificare se l’amperometro indica un consumo di corrente. Se il consumo è nell’ordine di mA, cambiare il selettore del multimetro su mA in modo d’avere una lettura più precisa.
Ora dobbiamo procedere per esclusione e quindi andremo a rimuovere i fusibili delle varie utenze uno alla volta, interrompendo fisicamente il nostro circuito che abbiamo visto prima. Qualcuno potrebbe dirmi “ma abbiamo già spento tutti gli interruttori !”: vero, ma chi ci dice che un interruttore non abbia un difetto e rimanga in parte chiuso lasciando passare corrente ?
Continuando con la nostra analisi, se alla rimozione di un determinato fusibile il consumo di corrente va a 0 mA, avremo individuato su quale circuito elettrico avviene la dispersione di corrente. In questo caso è da approfondire e capire dove sta il problema, se sull’utenza collegata, sull’interruttore, etc…
E se una volta rimossi tutti i fusibile la dispersione è ancora presente ?
Nel caso invece che il consumo di corrente fosse ancora presente, si deve verificare se ci sono delle utenze collegate direttamente alle batterie senza interruttori, come potrebbero essere le pompe di sentina automatiche.
È quindi necessario individuare le utenze collegate direttamente alla batteria e isolarle una alla volta, scollegando singolarmente i cavi d’alimentazione. Questo implica lavorare e toccare l’impianto elettrico, per cui consiglio di farlo solo se si è in chiaro di cosa si sta facendo. In pratica è la stessa cosa che abbiamo fatto prima sui circuiti che avevano gli interruttori e i fusibili, solo che qui dobbiamo staccare fisicamente i cavi: quando non ci sarà più corrente avremo individuato chi genera la dispersione di corrente.
C’è poi l’alternatore che potrebbe generare dispersioni nel caso avesse il ponte diodi rotto: provare a scollegarlo e verificare se la dispersione di corrente è ancora presente.
Le correnti vaganti e la corrosione
Immaginiamoci che il cablaggio della luce di via sul pulpito di prua sia mal isolato e sia a contatto con la parte metallica. Apparentemente su una barca in vetroresina non sembra essere un grosso problema, visto che la struttura metallica rimane isolata. In realtà non è proprio cosi: quando la barca verrà bagnata dall’acqua di mare, quest’ultima creerà un passaggio alternativo, chiudendo il nostro circuito passando per esempio dalla chiglia o dall’asse dell’elica che sono collegati a massa.
A parte le anomalie che si manifesterebbero sull’utenza toccata dal cattivo isolamento del cablaggio, il problema maggiore sarà la corrente vagante che verrebbe a generarsi e che porterebbe ad una corrosione della parte anodica, nel nostro caso il cavo spelato e il pulpito.
Ci troviamo davanti a una cella elettrolitica, la quale a differenza di una cella galvanica (pila), l’ossidazione viene forzata sottraendo elettroni all’anodo tramite un generatore di corrente (batteria dell’imbarcazione).
Rispetto ad una corrente galvanica, la corrente vagante ha un’intensità di corrente maggiore e quindi porta ad una corrosione dell’anodo più importante, rapida e marcata. È inoltre da tenere presente che una corrente vagante viene generata da un potenziale elettrico imposto e può avvenire anche tra due metalli uguali.
Come si vede nello schema sottostante, il metallo che disperde corrente nell’elettrolita è per l’appunto l’anodo collegato al polo positivo.
Anche i pannelli solari e l’eolico possono presentare questo tipo di problema in quanto sono normalmente montati su strutture metalliche, come i pulpiti o i rollbar.
Altri esempi di correnti vaganti e corrosioni
Vediamo il caso della corrosione di un’elica e del suo asse.
Abbiamo un componente elettrico che ha il suo ritorno collegato alla massa del motore. Elica e asse sono pure a massa con il motore. Il motore a sua volta è poi collegato al negativo della batteria passando da punto comune di terra. Ad un certo momento si presenta un difetto sul percorso di ritorno tra motore e batteria, come potrebbe essere un’ossidazione dei contatti che provocherebbero una certa resistenza alla corrente (nel disegno R). La corrente chiaramente sceglierà il percorso più facile, passando in questo caso dall’asse – acqua di mare – zinco per poi arrivare alla batteria.
Un altro esempio reale è la pompa di sentina: se uno dei cavi di alimentazione dovesse risultare mal isolato, questo verrebbe in contatto con l’acqua presente in sentina e la corrente troverebbe un’altra strada di ritorno vero la batteria passando tramite i prigionieri-chiglia, l’asse dell’elica o il motore che sono messi a massa.
In questo caso l’interruttore subirebbe una corrosione e non farebbe più partire la pompa in caso di necessità, con conseguente allagamento o affondamento della barca.
Come individuare una corrente vagante
Per individuare una corrente vagante, accendere tutte le utenze.
Impostare il multimetro sulla funzione di Voltometro. Collegare il cavo nero al polo negativo della batteria, magari utilizzando un cavo molto lungo. Questo ci permetterà di girare intorno alla barca e misurare eventuali tensioni anomale sullo scafo (bagnato) o su elementi metallici dove all’interno passano dei cavi (pulpiti per esempio). Se si dovesse misurare una tensione di qualche Volt, staccare la batteria e vedere se scompare. In caso affermativo, abbiamo trovato una dispersione di corrente e una probabile corrente vagante.
Come proteggersi dalle correnti vaganti e dalla corrosione da loro generata
Abbiamo visto precedentemente che è la direzione del flusso di una corrente vagante che determina quale metallo è soggetto alla corrosione. Inoltre le correnti vaganti si possono creare anche tra metalli uguali, per cui è facilmente deducibile che gli zinchi non impediscono la formazione di questo tipo di corrosioni generate da correnti vaganti.
Una buona protezione dalle correnti vaganti è data da un cablaggio eseguito ad opera d’arte, senza perdite, difetti e falsi contatti. Ogni utenza deve avere il suo cavo negativo dello stesso diametro del positivo e deve ritornare direttamente al negativo della batteria, passando dall’unico punto comune di terra. Per il ritorno non si deve utilizzare la massa del motore o il bonding (se presente). Ma qui ci inoltriamo in specifiche tecniche che riguardano per lo più agli addetti del settore.
Nota: le correnti vaganti non devono essere confuse con le correnti galvaniche, le quali sono invece generate da fenomeni naturali e l’intensità di corrente è molto minore. Ma questo è un argomento complesso che necessita un’approfondimento separato.
Manipolazione delle batterie
È buona regola che quando si vuole cambiare o semplicemente staccare la batteria, s’inizia dapprima dal polo negativo e poi il polo positivo.
Per quale motivo ? Normalmente la parti metalliche, in particolar modo le scatole di apparecchi elettronici, sono collegati a massa. Pensiamo per esempio ad un caricabatterie con una bella scatola in alluminio posizionato vicino alla nostra batteria. Iniziamo a svitare il morsetto del polo positivo con la chiave inglese e inavvertitamente tocchiamo la scatola del caricabatterie. Avremo un corto circuito, dove rischieremo di farci male e causerà probabilmente la rottura del nostro apparecchio.
Se invece iniziamo a scollegare il morsetto del polo negativo questo non può succedere.
Documentazione sull’argomento
In rete si trova di tutto e di più, spesso riportando informazioni sbagliate.
Per chi conosce l’inglese, consiglio un libro che secondo me si deve trovare a bordo di ogni imbarcazione.
Boatowner’s Mechanical and Electrical Manual di Nigel Calder
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